Le ostriche francesi
Inutile nasconderlo, le ostriche francesi sono riconosciute come prelibatezza in tutto il mondo. Noi di ilovetartre.com vogliamo illustrarvi le diverse specie allevate dai nostri cugini e come saperle riconoscere. Il nostro consiglio è di prendere appunti e sorseggiare una buona coppa di Champagne mentre leggete questo articolo!
Dove trovare le specie migliori
Sono diverse le zone in cui si possono trovare ostriche di alto livello nel territorio francese. Incominciamo col dire che, benché siano meno famose, le ostriche raggiungono un alto livello di qualità in Aquitania, Normandia, nell’isola di Corsica, Linguadoca e Vandea. Ma se volete gustare delle ostriche, spendendo una cifra un po’ più onerosa, allora dovete recarvi nell’oceano Atlantico dell’area francese, soprattutto in Bretagna e nel Merennes-Oléron.

Le diverse tipologie
In commercio si possono reperire diverse ostriche. Analizziamole singolarmente.
Le ostriche piatte – sono in assoluto le più pregiate, hanno una forma quasi rotonda ed un diametro massimo di 10 cm. Sono caratterizzate da un gusto intenso ma al contempo delicato. Questi pregiati molluschi si possono suddividere in 2 ulteriori sottospecie a seconda della zona di allevamento:
◉ La Bèlon, caratterizzata da carni bianche e che vive in un’area dove l’acqua di mare si mescola alla foce del fiume.
◉ La Marenne, dotata di una carne estremamente particolare, dal colore verdastro dovuto alla presenza di una particolare alga blu nei bacini dove viene allevata.
Le ostriche concave: di forma più allungata e bombate, sono molto più diffuse in quanto crescono con minori difficoltà e più velocemente. Possono risultare meno raffinate al palato perché hanno una salinità più spiccata ed un sapore più marcato. Spesso però sono molto carnose, virtù molto apprezzata. Le ostriche francesi concave si classificano in:
◉ Fines: affinate almeno 1 mese in mare aperto (20 ostriche/mq)
◉ Spèciales: affinate almeno 2 mesi in mare aperto (10 ostriche/mq)
◉ Pousse: affinate 4-8 mesi in mare aperto (5 ostriche/mq)

Affinare le ostriche
Ma cosa significa ‘affinare’?
Queste ostriche, se affinate in classici bacini di acqua dolce poco profondi e argillosi, prendono il nome di “De Claire”. Se affinate nei bacini con presenza dell’alga blu prendono il nome di “Vert”.
C’è da specificare che le ostriche sono molluschi filtratori, ossia filtrano l’acqua di mare in cui crescono per catturare le particelle necessarie alla loro alimentazione e l’ossigeno per respirare. Si nutrono quindi esclusivamente degli elementi contenuti nell’acqua dove si sviluppano: dalle caratteristiche di quest’ultima derivano le loro qualità organolettiche distintive. Questi molluschi vengono messi in commercio non prima di avere compiuto 4 anni di età, e nel frattempo, proprio come il vino, subiscono un lungo “affinamento” (in questo caso in acqua e non in botte).
Le ostriche possono essere affinate:
◉ In mare aperto: in questo caso accentueranno il loro gusto salino.
◉ In bacini di affinamento (detti claires): in questo caso perderanno intensità a favore di un sapore più dolce e delicato.
Il tipo, il tempo di affinamento e la densità della coltura (quante ostriche per mq), determineranno le principali caratteristiche delle ostriche francesi e così il loro prezzo.
Le eccellenze francesi
Tra le ostriche francesi più rinomate possiamo individuare quelle che provengono dalla Bretagna:
◉ L’Ostrica di Cancale: allevata davanti a Mont Saint-Michel, beneficia di una delle maree più forti del mondo. Il flusso e reflusso dell’acqua è così importante che assicura una perfetta ossigenazione ai molluschi ed un continuo rinnovo del plancton. Quest’ostrica ha un sapore salato ed una polpa morbida e compatta. Le ostriche di Cancale fuorono le più apprezzate non solo dai re di Francia, ma anche dai loro nemici rivoluzionari, come Robespierre e Danton.
◉ Ostrica Tsarskaya: come suggerisce il nome, era la preferita degli Zar. Il suo profumo iodato, la sua consistenza carnosa ed il suo sapore dolce la resero la preferita dei potenti.
◉ Belon du Belon: è un’ostrica piatta estremamente delicata e ricercata, che trae beneficio dall’incontro dell’acqua di mare con quella dolce proveniente dalle sorgenti bretoni: una vera delizia.
Dalla Normandia, perfetto habitat per ostriche carnose e ricchissime di iodio, provengono:
◉ L’Ostrica Speciale di Isigny: ha un gusto dolce e persistente e dalla carnosità unica.
◉ L’Ostrica Saint-Vaast: famosa per il suo spiccato sapore di nocciola.
◉Le ostriche Speciali “Utah Beach”, famose perché provengono dalla spiaggia dove avvenne lo sbarco in Normandia ed apprezzatissime per il loro retrogusto zuccherato.
Dalla regione del Marennes-Oléron, provengono ostriche piatte ricercatissime, come:
◉ La Fine de Claires Vertes Label Rouge: allevata nei bacini dove cresce la famosa alga blu (Navicule Bleu) che ne colora le branchie di verde. É chiamata “la regina delle coste di Francia” e nel 1989 è stato il primo prodotto di mare insignito dell’etichetta rossa, il riconoscimento di qualità superiore rilasciato dal Ministero francese dell’Agricoltura.
◉ La Speciale Gillardeau: frutto di un’attentissima selezione, il suo sapore è il mix perfetto fra dolcezza e salinità, il tutto sprigionato da una polpa carnosa, che lascia sul palato una leggera sensazione zuccherina.

La lista delle ostriche francesi non finisce di certo qui. Abbiamo cercato di darvi delle linee guida per apprezzare questi molluschi che, fortunatamente, ormai non sono più appannaggio solamente di zar, re e regine.
La storia delle ostriche
Nell’antichità il banchetto determinava una funzione di appartenenza a un gruppo sociale e la sua dimensione rituale era di conseguenza costitutiva per l’identità stessa del gruppo. In questo contesto, fondamentali erano l’amicizia, l’amore, la gioia e il piacere. E quando si parla di piaceri, i peccati di gola sono i veri protagonisti. Tra le materie prime di maggior spicco c’era…indovinate un po’? L’ostrica.
Noi di ilovetartare vogliamo raccontarvi la storia delle ostriche nel corso dei millenni.
Il mondo greco
Le ostriche erano già apprezzate dai Greci e proprio dalla lingua greca deriva l’origine del loro nome: ὄστρακον, infatti, significa ‘conchiglia’. Sin dai racconti mitologici greci, i molluschi bivalvi sono stati presenti in ogni aspetto della società. Un esempio? I Greci utilizzavano i gusci anche per le votazioni pubbliche. Inoltre, l’ostrica fu associata ad Afrodite, divinità dell’amore che nacque dalla spuma delle acque marine. La leggenda vuole che la dea emerse dal mare sul dorso di un’ostrica per dare alla luce il figlio Eros. Ma le ostriche sono associate ad Afrodite soprattutto perché gli antichi attribuivano a tali materie prime dei poteri afrodisiaci, come per tutte le prelibatezze d’acqua salata.

La passione dei romani
I Romani, oltre ad essere dei grandi consumatori di ostriche, erano anche dei grandi esperti, così patiti ed appassionati da distinguere le diverse impercettibili sfumature di profumo e sapore tra un esemplare e un altro.
Lo scrittore Plinio il Vecchio, nei suoi testi, scriveva che: “Le Ostriche, nel tempo degli amori, si aprono quasi sbadigliassero, si riempiono di rugiada che le feconda e partoriscono perle…”.
In epoca romana le ostriche erano mangiate sia crude che cotte. La maggior parte provenivano dall’allevamento del Lago di Lucrino a Napoli e gestito da Sergio Orata che venne descritto da Varrone come uno dei primi ostricai che riuscì a ricavare una discreta fortuna. Ma i Romani giungevano anche sino alle coste della Bretagna per assicurarsi la presenza del prelibato mollusco nei numerosi banchetti.

L’età del buio
La storia delle ostriche subì una brusca frenata. Il consumo di ostriche cadde in disuso durante il Medioevo per poi tornare a splendere durante il Rinascimento. Di questo in realtà non c’è da stupirsi: la tipologia e il modo in cui viene consumato il cibo è una questione culturale e, si sa, il Medioevo è stato il decadimento della cultura stessa. Nonostante ciò, sono diverse le testimonianze che riportano la conservazione dei molluschi all’interno di botti riempite di sale.

L’influenza del mondo francese
In Francia erano il prodotto d’élite per i sovrani tanto che Francesco I, nel 1545, accordò a Cancale il titolo di “città”, in omaggio alle ostriche portatogli in dono dagli abitanti. Napoleone, il 4 luglio 1853, redisse un regolamento sulla pesca marittima costiera che creava una vera e propria legislazione riguardante l’ostrica: divenne così il primo atto di salvaguardia della specie. Nella seconda metà del 1800, il governo francese incoraggiò l’importazione delle ostriche per creare i primi allevamenti e intorno al 1970 apparirono in Francia le prime colture in soprelevazione che permisero di allevare un numero maggiore di ostriche. Oggi ci sono intere cittadine che hanno legato il proprio destino all’ostricoltura, come quelle di tutto il litorale della Bretagna.

L’Epoca Borbonica
All’epoca dei Borbone, il pesce era una materia prima onnipresente nelle tavole reali. Il mare di Napoli e Salerno offrivano dei veri doni per le papille gustative della royal family. In poco tempo, le ostriche e le perle, divennero protagoniste nel periodo in cui la famiglia Borbone visse nel territorio campano. Poco distante da Partenope, si trova il Lago Fusaro, considerato come un tratto di mare circoscritto tra Cuma e Torregaveta. Nel 1752 l’area del Fusaro divenne la riserva di caccia e pesca dei Borbone. Ma solo con Ferdinando IV i lavori terminarono portando alla nascita della ‘Casina Vanvitelliana‘, iniziata da Luigi Vanvitelli e terminata dal figlio: Carlo Vanvitelli, nel 1782 realizzò il Casino Reale di Caccia sul lago, a breve distanza dalla riva. La villetta, dallo splendido fascino, divenne un luogo di riposo ma anche di feste e fu utilizzato come base operativa per l’ostricoltura. In pochi anni le ostriche del Fusaro iniziarono a essere esportate in tutto il continente, guadagnandosi la fama di essere tra le più buone d’Europa.

Ostriche a stelle e strisce
Da cibo della classe operaia a prelibatezza costosa. All’inizio del XIX secolo, le ostriche erano economiche e mangiate principalmente dalla classe operaia. In seguito, i banchi di ostriche nel porto di New York divennero la più grande fonte di tutto il mondo. In qualsiasi giorno, si potevano trovare sei milioni di ostriche sulle chiatte ormeggiate presso il lungomare della città. Le ostriche erano naturalmente molto popolari a New York City e aiutarono ad avviare il commercio dei ristoranti della città. Gli ostricoltori di New York divennero abili allevatori, fornendo lavoro a centinaia di persone e cibo nutriente a migliaia di famiglie. Alla fine, la crescente domanda esaurì le scorte necessarie. Per aumentare la produzione, vennero introdotte specie estranee, spesso portatrici di malattie, che distrussero la maggior parte degli allevamenti all’inizio del XX secolo. La popolarità delle ostriche aveva però posto una domanda sempre crescente negli stock di ostriche selvatiche che portò ad un aumento di prezzi, data la mancanza del prodotto, convertendoli dal loro ruolo originale di cibo della classe operaia al loro stato attuale di prelibatezza costosa.

La storia delle ostriche non finisce di certo qui. Seguiteci nei prossimi articoli per saperne di più!
La tradizione delle ostriche in Campania
Prosegue il nostro viaggio alla scoperta del mondo delle ostriche. Oggi, noi di ilovetartare.com, vogliamo raccontarvi la storia che unisce le nostre amate ostriche alla Campania. Sì, lo sappiamo, la Francia è considerata la madre del mondo ostricaio ma anche le nostre terre (anzi, laghi) possono vantare una tradizione di tutto rispetto. In Campania, i Romani furono i pionieri dell’ostricoltura ma i Borbone rivoluzionarono la tecnica ottimizzando le risorse che la natura gli aveva messo a disposizione.
Scopriamo insieme la tradizione delle ostriche in Campania!
L’incipit romano
Nei Campi Flegrei, presso Baia, si trova un lago dalla lunga storia e tradizione. Parliamo del Lago di Lucrino. In passato, il lago era di dimensioni maggiori ed era separato dal mare soltanto da una sottile lingua di sabbia. Secondo la leggenda, per la laguna salata, passò anche Ercole intento a condurre i buoi di Gerione in una delle sue celebri fatiche. Lo specchio d’acqua divenne così una tappa della Via Herculea.
Un altro illustre personaggio che tocco le sponde del lago fu Gaio Sergio Orata. Il suo cognome gli fu attribuito per la sua precisione nel vantare la bontà delle orate, ovviamente allevate da lui, come racconta Macrobio; ma secondo altri il “titolo” gli derivò dalla sua abitudine di indossare vistosi anelli d’oro.
All’epoca, Orata creò un allevamento di pesci e di ostriche, divenendo uno dei più grandi ostricoltori di tutti i tempi. La sua attività lo arricchì e la sua fama crebbe così tanto che anche Plinio il Vecchio riportò le sue gesta nella Naturalis Historia: “Sergio Orata fu il primo in assoluto che ideò nella sua residenza di Baia dei vivai per le ostriche, al tempo dell’oratore Licinio Crasso, prima della guerra contro i Marsi; spinto non tanto dalla gola quanto dalla sua brama di denaro, poiché sapeva trarre dal suo fertile ingegno grossi profitti (…). Lui per primo ottenne un ottimo sapore dalle ostriche del Lago Lucrino, poiché gli animali acquatici, anche se sono della stessa specie, sono migliori o peggiori a seconda del luogo in cui vengono catturati.”
Orata fu uno di quei leggendari bon vivants del mondo romano, ovvero un devoto al lusso e ai peccati di gola. I suoi festini, a cui erano invitati ospiti illustri, erano a base di ostriche e vino. Si racconta che questi durassero un giorno e una notte. I Romani, buongustai sin dall’antichità, avevano una così forte passione per le ostriche che mangiavano sia crudi che cotti e adoravano accompagnarle con il garum. Ma cos’è il garum? Vi starete chiedendo. Si tratta di una salsa liquida a base di interiora di pesce e aggiunta di pesce salato che gli antichi Romani utilizzavano come condimento a molti primi e secondi piatti. Famoso è l’epigramma di Marziale Ostrea: “Eccomi arrivata, conchiglia ebbra delle acque del Lucrino presso Baia. Ora, da amante del lusso, ho sete del prezioso garum”.
Tornando a Sergio Orata, egli aveva importato le ostriche da Brindisi per avviarne la coltivazione nel Lucrino. Ideò delle tecniche di coltura, alcune delle quali sono tuttora utilizzate in Francia, ad esempio: si serviva di tegole spalmate di calce e sabbia che ospitavano il raggruppamento delle ostriche e venivano disposte sul fondo marino o su impalcature in legno. Un’altra tecnica era quella di praticare un minuscolo foro sul guscio delle ostriche ancora piccole e unirle in serti che poi venivano appesi a pali di legno infissi nell’acqua.
Tra i fan delle ostriche nel mondo romano, non possiamo non citare Nerone, del quale Giovenale afferma che sapeva dire al primo assaggio se un’ostrica provenisse da Lucrino, da Circeo o da altri luoghi, oppure il nome di Vitellio, del quale si racconta che mangiasse ostriche quattro volte al giorno: c’è chi racconta che riuscisse a mangiare 1200 ostriche in un solo giorno.
Ma come è proseguita la tradizione delle ostriche in Campania?

Luci ed ombre, il periodo di transizione
Lo scenario di Baia, nel corso del tempo, si arricchì di coltivazioni di ostriche. Divenne un punto strategico e talmente tipico da essere fonte d’ispirazione per i souvenir dell’area dei Campi Flegrei. Spesso si trovavano fiaschette di vetro che raffiguravano vedute dal mare della costa di Baia e delle prime ostriarie, luoghi adibiti al consumo dei molluschi bivalvi. Diversi reperti, che testimonio la popolarità della zona, sono stati trovati ritrovati a Populonia, Ampurias e Varsavia.
Col tempo, il Lucrino si degradò e si ridimensionò, perdendo le fruttifere prerogative dalle quali pare traesse il nome (lucrum, in latino, significa per l’appunto ‘profitto’). In seguito, nella notte tra il 28 e il 29 settembre del 1538, avvenne l’eruzione vulcanica che portò alla repentina formazione del Monte Nuovo, con conseguente sparizione di buona parte dello specchio d’acqua.
Ma proseguiamo il nostro viaggio verso la scoperta della tradizione del mondo delle ostriche in Campania.
La rinascita borbonica
Carlo III nel 1752 acquistò il lago Fusaro, dalla Real Casa dell’Annunziata, per farne una riserva di caccia e pesca. Dopo una dozzina di anni, Ferdinando IV di Borbone, ripristinò la coltura delle ostriche nelle acque del Fusaro. Il processo non fu breve. Occorsero bonifiche e opere tese a bilanciare il rapporto tra acqua dolce e salata nel lago ed a favorire il ricambio delle acque, creando strutture per la coltura. Il risultato però, ne valse la pena.
Il naturalista Maurice Coste, visitò la zona nel 1853-54, per volontà del governo francese. Lo scopo era quello di studiare i fiorenti allevamenti di ostriche dei Borboni. Il naturalista osservò, studiò e comprese che quelle tecniche, in buona parte ereditate dagli antichi Romani, andavano applicate anche lungo le coste atlantiche del suo paese. Arnould Locard, naturalista francese, riportò le descrizioni del collega Coste all’interno del suo Manuel pratique d’ostréiculture: “Su tutta la superficie del lago si vedono di tratto in tratto degli spazi, di solito circolari, occupati da pietre che vi sono state trasportate. Queste pietre simulano delle sorte di rocce che sono state ricoperte di ostriche di Taranto, in modo da trasformare ciascuna di esse in un banco artificiale (…). Intorno a ciascuna di queste rocce artificiali, in genere di due-tre metri di diametro, sono stati piantati dei pali molto vicini l’uno all’altro, in modo da delimitare lo spazio entro il quale si trovano le ostriche. Questi pali affiorano leggermente dall’acqua, così che si possa facilmente afferrarli e sollevarli quando è necessario”. Bisogna aggiungere che altri pali disposti in file sostenevano delle corde (chiamate “libani”) alle quali si appendevano dei “fagotti” di legno in cui si annidavano le uova. Nel 1872, grazie a Ferdinando IV, il Fusaro si presentava come un luogo magico: si poteva ammirare la Casina Vanvitelliana e di fronte ad essa la villa Ostrichina – potete immaginare l’origine di tal nome.

Cosa ne è dei Campi Flegrei oggi? Baia ospita uno dei maggiori stabilimenti nazionali di depurazione dei molluschi: l’I.R.SV.E.M.
Ma l’allevamento delle cozze ha soppiantato quello delle ostriche. Seppure i buongustai facoltosi si rivolgano alla Francia, solo in pochi sanno che il successo dei nostri cugini deriva dai romani e dalla nostra Campania.
Insomma, la tradizione delle ostriche in Campania ha fatto scuola nel corso dei secoli!